La termodinamica: dal macroscopico al microscopico

 

Antefatti e presagi

1. I presagi di fine secolo e le nubi di Kelvin

Si racconta che la fisica alla fine dell'800 vivesse in un'epoca quasi noiosa, senza sussulti, all'ombra di Newton.

(da Helge Kragh, Quantum Generations:A History of Physics in the Twentieth Century, Princeton University Press, 1999)
Il filosofo e matematico Alfred North Whitehead una volta definì l'ultimo quarto del diciannovesimo secolo "un'epoca di vincente ortodossia scientifica... una delle fasi più noiose dai tempi della Prima Crociata". Si crede comunemente che la fisica alla fine del secolo fosse un'attività monotona, solidamente e compiacentemente basata sulla visione meccanica e deterministica del mondo, quella di Newton e dei suoi seguaci. I fisici, così si afferma, erano totalmente impreparati agli svelamenti che si ebbero in due fasi: dapprima, l'inattesa scoperta dei raggi X, degli elettroni, e della radioattività e poi, la vera rivoluzione, costituita dalla scoperta del quanto d'azione da parte di Planck nel 1900 e la teoria della relatività speciale da parte di Einstein nel 1905. In questa prospettiva, non solo la meccanica newtoniana imperava fino a che non venne fatta a pezzi dalle nuove teorie, ma la generazione dei fisici vittoriani credeva anche che tutte le cose che valessero la pena di essere conosciute era già conosciute, o mancava poco che lo fossero seguendo il percorso della fisica esistente. Albert Michelson, il grande fisico sperimentale americano, affermò nel 1894 che "sembra probabile che la maggior parte dei principi fondamentali siano stati fermamente stabiliti e che ulteriori progressi debbano essere ottenuti dall'applicazione rigorosa di questi principi a tutti i fenomeni che si presentano davanti a noi". Quanta ironia nel fatto che, non più tardi dell'anno dopo, fossero stati annunciati i nuovi raggi di Röntgen, primi di una serie di scoperte che misero seriamente alla prova le capacità di spiegare i fenomeni in termini dei "grandi principi fondamentali". E quanto più importante ci appare la fisica dei primi vent'anni del '900 se confrontata con le parole di Michelson!

Il punto di vista espresso all'inizio è in parte un mito. ma come molti miti, ha un fondamento nei fatti. Ad esempio, Michelson non era il solo fisico di quel periodo ad esprimere il sentimento che la fisica fosse essenzialmente completa e che quanto rimaneva da fare fosse fisica applicata, misure più precise, oppure scoperte relativamente minori. Quando Max Planck entrò all'Università di Monaco di Baviera nel 1875, un suo professore di fisica lo mise in guardia sul fatto che la disciplina da lui scelta era più o meno finita e nulla di veramente nuovo poteva essere ancora scoperto. Tuttavia, benché queste sensazioni esistessero realmente tra i fisici, c'è da chiedersi quanto fossero diffuse. Ben pochi fisici teorici dell'ultima decade dell'800 sembravano accettare il punto di vista di Michelson e, dopo le stupefacenti scoperte di Röntgen, Henri Becquerel, J. J. Thomson, e dei Curie, anche gli sperimentali più conservatori furono forzati ad ammetterne la fallacia.

In realtà tutto l'800, compreso l'ultimo quarto di secolo è percorso da fremiti, tormentato da dibattiti aperti, scontri tra modi diversi di intendere le teorie fisiche. E' anche un periodo di grandi scoperte in fisica, chimica, biologia. Prima ancora che la legge di Planck sul corpo nero entrasse in scena si erano accumulati problemi su vari fronti, ma si erano fatti anche importanti passi in avanti. Che la fisica fosse in una situazione di noiosa ripetizione di schemi newtoniani (scienza "normale", per dirla alla maniera di Kuhn), o di tormentata discussione d'idee nuove, dipende dal punto di vista di chi operava allora. E così, a fianco di coloro che non vedevano nulla di nuovo all'orizzonte, come i già citati Whitehead, Michelson e l'incauto professore di Planck, c'era chi intuiva chiaramente i fattori di crisi della fisica classica, e intravedeva anche le grandi innovazioni concettuali che potevano scaturire dal superamento della crisi. D'altra parte, a sostegno di questi ultimi, c'era l'attività inesauribile dei molti fisici sperimentali, e i chimici, e i biologi, che con le loro scoperte stavano portando nuovo nutrimento per le teorie del futuro.

(da Ludwig Boltzmann, Theoretical Physics and Philosophical Problems, Reidel Publ., 1974, conferenza tenuta a Monaco di Baviera nel 1899)
Nei suoi primi secoli, la scienza avanzò gradualmente grazie al lavoro di menti eccelse, così come cresce un'antica città, costantemente, grazie a nuovi palazzi eretti da cittadini industriosi e intraprendenti. Al contrario, il nostro secolo presente (l'800, n.d.r.) del vapore e del telegrafo ha posto il progresso scientifico a suggello delle sue frenetiche attività. In modo particolare, lo sviluppo delle scienze naturali nei tempi recenti assomiglia piuttosto a quello di una moderna città americana, che in pochi decenni si trasforma da villaggio a metropoli di milioni di abitanti. [...]

La causa principale del rapido progresso scientifico degli ultimi tempi sta indubbiamente nella scoperta e nel perfezionamento di un metodo di ricerca particolarmente efficace. [...]

Uno sguardo attento al percorso seguito dalle teorie nel loro sviluppo rivela immediatamente che tale percorso non è affatto continuo come ci si potrebbe attendere. Alcuni metodi spesso forniscono i risultati più belli in poco tempo, e molti potrebbero pensare che il progresso della scienza verso la conoscenza infinita non sia altro che una costante applicazione di questi. Invece, al contrario, essi si rivelano improvvisamente esauriti e si è costretti a dirigere gli sforzi nella ricerca dei più disparati metodi alternativi. In una situazione del genere possono nascere lotte tra sostenitori dei vecchi metodi e quelli dei nuovi. Il punto di vista dei primi sarà definito dai secondi come datato e fuori moda, e i primi a loro volta sminuiranno gli innovatori come corruttori delle scienze classiche. [...]

(segue una digressione sui maggiori temi della fisica dell'800)

[...] Agli inizi, oltre alla materia tangibile si era assunta l'esistenza di una sostanza calorica, una sostanza luminifera, due fluidi magnetici e due elettrici e così via, poi ridotti a una materia ponderabile, un etere luminoso e due fluidi elettrici. Ognuna di queste sostanze era concepita come costituita da atomi, e lo scopo della fisica sembrava confinato per sempre a svelare le leggi d'azione e integrare le corrispondenti equazioni, ottenute dalla conoscenza di tutte le interazioni e delle appropriate condizioni iniziali.

Questo era lo stato della fisica teorica quando io cominciai i miei studi. Quante cose sono cambiate da allora! Davvero, quando guardo indietro a tutti i progressi compiuti e le rivoluzioni avvenute, mi sento come un monumento di memorie scientifiche antiche. Dirò di più; dico che mi sento il solo rimasto ad aggrapparmi con immutato entusiasmo alle vecchie dottrine - in ogni circostanza io sono il solo che ancora combatte per esse con tutte le forze disponibili. Considero come scopo della mia vita quello di aiutare a rafforzare, nel modo più chiaro e logicamente ordinato che posso, i risultati della teoria classica. [...]. Perciò, mi presento a voi come un reazionario, uno che è rimasto nelle retrovie, entusiasta delle vecchie dottrine classiche e contrario agli uomini d'oggi [...].

(da Henri Poincaré, La Valeur de la Science, Champs- Flammarion, 1970; prima edizione 1905)
Il Passato e l'Avvenire della Fisica -
Qual'è lo stato attuale della fisica-matematica? Quali sono i problemi a cui si trova di fronte? Qual è il suo avvenire? [...] Ebbene, sì, ci sono segnali di una crisi seria, come se ci dovessimo attendere una trasformazione assai prossima. Tuttavia non dobbiamo essere troppo inquieti. Siamo certi che il malato non morirà, anzi, possiamo pensare che questa crisi sarà salutare, poiché la storia passata ce lo insegna. Questa crisi in effetti non è la prima e, per comprenderla, basta ricordarsi quelle che l'hanno preceduta.

Un'opinione di grande peso era quella di William Thomson (Lord Kelvin). Per uno come Kelvin, la fisica era vicina alla spiegazione completa dei fatti osservati, ma c'erano alcune "nubi". In una relazione ad un congresso nel 1900 Kelvin presentò quelle che secondo lui erano le due nubi principali.

(da Helge Kragh, Quantum Generations:A History of Physics in the Twentieth Century, Princeton University Press, 1999)
La visione meccanica del mondo non fu più considerata progressiva nell'ultimo decennio dell'800, ed anche i più tradizionalisti dovevano ammettere che essa non aveva sempre successo. A parte la relazione problematica tra le leggi meccaniche e la legge dell'entropia, c'era anche un vecchio problema legato alla teoria cinetica dei gas. Intorno al 1860 Maxwell aveva notato che il rapporto misurato tra i calori specifici di molecole biatomiche a pressione costante e a volume costante non era in accordo con il teorema di equipartizione basato sulla teoria meccanica. Secondo tale teoria, il rapporto in questione doveva essere uguale a (1 + 2/n), dove n è il numero di gradi di libertà della molecola. Il problema consisteva nel fatto che il risultato predetto dalla teoria per i gas biatomici si accordava ai dati sperimentali soltanto assumendo che le molecole fossero rigide e senza costituenti interni; questa assunzione sembrò inconsistente con i risultati della spettroscopia, che indicava chiaramente l'esistenza di vibrazioni interne, in grado di scambiare energia con l'etere. Tale problema fu riconosciuto come un'anomalia, ma naturalmente fu necessaria ben più di una anomalia per frantumare il punto di vista meccanico. Tuttavia, l'apparente fallimento del teorema di equipartizione fu considerato sufficientemente serio da figurare come una delle due "nubi" citate in una famosa relazione pubblica, "Nineteenth Century Clouds Over the Dynamical Theory of Heat and Light", tenuta da Lord Kelvin presso la Royal Institution nell'aprile del 1900. L'altra nube era il fallimento del tentativo di spiegare il moto della terra attraverso l'etere, a seguito degli esperimenti di Michelson e Edward Morley.

Dunque, in sintesi, le nubi di Kelvin erano:

  • la discrepanza tra i calori specifici misurati per alcune sostanze e le predizioni dei modelli molecolari (teoria cinetica e meccanica statistica);
  • la mancanza di evidenze per l'esistenza dell'etere.

I due problemi sono strettamente legati, specie nella mente di Kelvin, dato che egli era stato uno dei promotori di un modello continuo della materia (la teoria dell'atomo vortice), basato sull'etere e in conflitto con modelli atomici. In realtà, Kelvin aveva già abbandonato da qualche anno il suo modello continuo di atomo vortice, a causa degli scarsi successi ottenuti a dispetto dell'intenso lavoro svolto, ed aveva accettato in parte le idee atomistiche, mettendosi in una posizione di "critica" attesa di conferme. In un tale contesto si capisce come mai Kelvin veda i due problemi esposti nel 1900 come vere e proprie "nubi": essi impedivano di ottenere dagli esperimenti quelle indicazioni chiare e trasparenti che sarebbe state necessarie per uscire definitivamente dal lungo conflitto tra opposte visioni della realtà fisica, quella basata sul meccanicismo (nelle sue diverse accezioni) e sui i modelli atomici, e quella basata sulla materia come un continuo (di etere, o altro).

(da Helge Kragh, Quantum Generations:A History of Physics in the Twentieth Century, Princeton University Press, 1999)
The most important nonmechanical trend was based on electromagnetic theory, but this was only one of the indications of a widespread willingness to challenge the mechanical worldview and seek new foundations, either opposed to it or radical modifications of it. According to the classical mechanical world picture—the Laplacian version of Newtonianism (not to be confused with Newton's own ideas)— the world consisted of atoms, which were the sites of, and on which acted, various forces of long and short ranges. The gravitational force was the paradigmatic example of such forces acting at a distance over empty space. With the advent of field theory, the mechanism of force propagation changed, but Maxwell and most other field physicists continued to seek a mechanical foundation for their models. The most important conceptual shift was perhaps the rise to prominence—indeed, necessity— of a universal ether as the quasihypothetical, continuous, and all-pervading medium through which forces propagated with a finite speed.

In 1902, in the final part of a textbook on optics, Michelson declared his belief that "the day seems not far distant when the converging lines from many apparently remote regions of thought will meet on ... common ground." He went on, "Then the nature of the atoms, and the forces called into play in their chemical union; the interactions between these atoms ... as manifested in the phenomena of light and electricity; the structures of the molecules and molecular systems of which the atoms are the units; the explanation of cohesion, elasticity, and gravitation—all these will be marshaled into a single compact and consistent body of scientific knowledge". And this was the same Michelson who, eight years earlier, had suggested that physics was near its end. Was it the discoveries of the electron and radioactivity that caused the changed attitude? Or perhaps Planck's discovery of the radiation law based on the notion of energy quantization? Not at all; these recent discoveries were not mentioned in the book. Michelson's enthusiasm was rooted in "one of the grandest generalizations of modern science ... that all the phenomena of the physical universe are only different manifestations of the various modes of motion of one all-pervading substance—the ether."

Maxwell considered the possibility of explaining gravitation in terms of his electromagnetic theory, but abandoned the attempt after realizing that he would then have to ascribe an enormous intrinsic energy to the ether. Related to hydrodynamical thinking, but of more importance and grandeur (if, in the end, no more successful), were the attempts to construct the world solely out of structures in the ether. The most important of the nonelectromagnetic theories was the vortex atomic theory, originally suggested in 1867 by William Thomson (later, Lord Kelvin) and subsequently developed by a whole school of British mathematical physicists. According to this theory, the atoms were vortical modes of motion of a primitive, perfect fluid, usually identified with the ether. In his Adams Prize essay of 1882, young J. J. Thomson gave an elaborate account of the vortex theory and extended it to cover chemical problems, including affinity and dissociation. The theory was also applied to electromagnetism, gravitation, and optics and was an ambitious attempt to establish a unitary and continuous "theory of everything" based solely on the dynamics of the ether. As late as 1895, William Hicks gave an optimistic report on the state of art of the vortex atom at the annual meeting of the British Association for the Advancement of Science. Hicks's view of the goal of theoretical physics is worth quoting at some length: While, on the one hand, the end of scientific investigation is the discovery of laws, on the other, science will have reached its highest goal when it shall have reduced ultimate laws to one or two, the necessity of which lies outside the sphere of our recognition. These ultimate laws—in the domain of physical science at least—will be the dynamical laws of the relations of matter to number, space, and time. The ultimate data will be number, matter, space, and time themselves. When these relations shall be known, all physical phenomena will be a branch of pure mathematics.

Speculative or not, such attempts were considered legitimate within the spirit of physics characteristic of the 1890s. The hydrodynamic ether models differed from the Laplacian program in physics, but they nonetheless rested on mechanical ground and were not attempts to overthrow the Newtonian worldview. Hydrodynamics, after all, is the mechanical science of fluid bodies. Thermodynamics, the science of heat and other manifestations of energy, constituted a much more difficult problem for the classical worldview. This branch of physics was sometimes argued not only to be different from mechanics in principle, but also to have priority over mechanics as a more satisfactory foundation on which all of physics could be built. In the 1890s, together with electrodynamics, thermodynamics entered as a competitor to mechanics as far as foundational problems were concerned. In this decade, there was a continual discussion of the unity of physics, and it was not at all clear what discipline could best serve as the foundation of the unity that almost all physicists believed their science must have.

 

2. Gli atomi e le prove

La fisica alla fine dell'800 non navigava in acque tranquille. La rotta era incerta e il mare era mosso. A dominare la scena erano i dibattiti tra i sostenitori di una visione meccanica (atomistica) della materia e i sostenitori di modelli non meccanici (non atomistici). Dietro di loro, sullo sfondo, le lotte tra correnti di pensiero filosofiche di vecchia data (idealismo, empirismo, materialismo, e gli altri tipi di -ismo di cui si nutrivano le diatribe sulla filosofia della scienza). Il problema centrale, sia che si parlasse di equazioni di Maxwell, che di termodinamica, che di radioattività, o altro, era costituito dalla presunta esistenza di atomi, o la loro presunta non esistenza. Gli atomi: non si vedono, ma ci sono le prove. Altre cose si vedono (o si crede di vederle) ma non ci sono le prove. Di cosa si fidano i fisici?

(da Emilio Segrè, Personaggi e scoperte della fisica contemporanea. Da Rutherford ai quark, 1996, Mondadori)
I chimici naturalmente sapevano per lo meno dal 1804, data dei lavori di Dalton, che gli atomi esistevano, ma questa opinione non era universalmente condivisa. Si sarebbe portati a credere che la semplice esistenza delle leggi che permettono di scrivere le formule chimiche, quella cioè di Prout delle proporzioni definite e multiple, la regola di Avogadro che dice che volumi eguali di gas alla stessa temperatura e pressione contengono lo stesso numero di molecole e le leggi dell'elettrolisi di Faraday dovessero bastare a convincere chiunque dell'esistenza degli atomi. Non era così e non solo nel 1895, ma fino al 1905 e forse anche un po' più tardi c'erano ancora degli scettici, certamente né fissati né incompetenti. Il 'Waynflete professor' di chimica a Oxford, B. C. Brodie (1817 - 1880), che occupava una delle più prestigiose cattedre inglesi, non credeva negli atomi e scrisse libri per dimostrare che l'ipotesi atomica non era necessaria. Egli si adirò fortemente quando apparvero modelli molecolari con palline e bastoncini. Ernst Mach, insigne fisico e filosofo, non credeva negli atomi e seguitò a dubitare anche quando vide le scintillazioni prodotte dalle particelle a emesse dalle sostanze radioattive. Wilhelm Ostwald, un importante chimico tedesco e uno dei primi vincitori del premio Nobel per la chimica, è un altro esempio. Egli aveva sviluppato una nebulosa teoria dell'energetica che credeva potesse servire anche per evitare gli atomi. Alla base di questo scetticismo non era tanto uno spirito di contraddizione quanto il fatto che nessuno aveva visto un atomo, e anche oggi nessuno li ha visti nel senso ordinario del verbo vedere, per quanto le prove della loro esistenza siano assai più convincenti di quelle dell'esistenza di oggetti o fenomeni veduti da molti, come certi miracoli o dischi volanti.

(da Helge Kragh, Quantum Generations:A History of Physics in the Twentieth Century, Princeton University Press, 1999)
According to the physicist Georg Helm and the chemist Ludwig Ostwald, both Germans, energy was the most important of the unifying concepts of the physical sciences. A generalized thermodynamics was therefore held to replace mechanics as the foundation of physics. Helm and Ostwald came to this conclusion about 1890 and called their new program energetics. The new science of energetics was, in many ways, contrary to the mechanical world picture and was thought of as a revolt against what was called "scientific materialism." This revolt included the position that mechanics was to be subsumed under the more general laws of energetics in the sense that the mechanical laws were held to be reducible to energy principles. Another aspect of energetics was its denial of atomism as other than a useful mental representation. Ostwald and some other physical chemists, including Pierre Duhem in France, argued that the belief in atoms and molecules was metaphysical and that all empirical phenomena could be explained without the atomic hypothesis.

The energetics alternative received only modest support among physicists and chemists, but criticism of the atomic theory and emphasis on the fundamentality of the energy concept were repeated also by many scientists not directly associated with the energetics program. The leading French physicist, Pierre Curie—perhaps better known as the husband of Made Curie—may be an example. In accordance with his positivistic view of science, Curie refrained from materialistic and atomistic hypotheses and favored a phenomenalism inspired by the laws of thermodynamics. He, and several other French physicists, held thermodynamics to be the ideal of physical theory. They argued that energy, not matter, was the essence of a reality that could be understood only as processes or actions.

From the early 1880s onward, the Austrian physicist-philosopher Ernst Mach argued for a phenomenological understanding of physics, according to which physical theories and concepts were economical ways of organizing sense data. Mach admitted the usefulness of molecular mechanics, but considered it neither a fundamental theory nor one expressing physical reality. From a foundational point of view, he preferred the energy principles to the laws of mechanics. Again in agreement with Ostwald and his allies, Mach held that atoms were nothing but convenient fictions. Moreover, Mach criticized the very heart of mechanics, the idea of force as expressed by Newton's second law.

A somewhat similar foundational criticism of mechanics from a positivistic point of view was undertaken by Heinrich Hertz in his 1894 reformulation of mechanics, building only on the fundamental conceptions of space, time and mass. However, this kind of critical analysis of mechanics did not necessarily involve a wish to abandon the mechanical world picture. In the case of Mach it did, but to Hertz, the new versions of mechanics merely affirmed this picture of the world. In fact, a major aim of Hertz's force-free mechanics was to establish a mechanical theory of the electromagnetic ether.

[...] The basic problem of physics in the late nineteenth century was perhaps the relationship between ether and matter: Was the ether the fundamental substratum out of which matter was constructed? Or, on the contrary, was matter a more fundamental ontological category of which the ether was just a special instance? The first view, where primacy was given to structures in the ether, became increasingly more common at the turn of the century, when mechanical ether models were replaced by electrodynamic models. [...] At the beginning of the new century, the monistic, electromagnetic worldview was accepted by a growing proportion of avant-garde physicists in Germany, England, France, and the United States. Physics consisted of the physics of matter and the physics of the electromagnetic ether, and the trend to avoid the unwanted dualism was to identify matter with ether, rather than the other way around. [...] The historian Russell McCormmach has aptly summarized the situation as follows: "The whole cultural configuration at the turn of the century was implicated in the change from mechanical to electromagnetic thinking. The immaterial electromagnetic concepts were attractive in the same measure that the inert, material imagery of mechanics was displeasing". One important element of this cultural configuration was a widespread antimaterialism. Taking different shapes in the different scientific nations, the antimateralistic doctrine amounted to the belief that "matter is dead." If matter was not the ultimate reality, but merely some manifestation of an immaterial ether, it would not seem unreasonable to challenge other established doctrines derived from the physics of matter, including the permanence of chemical elements and the laws of conservation of matter and energy. Indeed, in some quarters, the very qualities of permanence and conservation were considered suspicious within a world view emphasizing transformation, evolution, and becoming.

 

Questo dunque è ciò che un investigatore attento può scrivere nel suo libretto di appunti alla voce "circostanze ambientali del delitto", prima di concentrarsi nuovamente sulla scena del delitto stesso, sperando così di poterla inquadrare nella giusta luce. L'investigatore sfoglia il libretto e si ferma alla pagina su cui aveva scritto "Planck, indiziato principale"; a fianco, in testa ad una pagina vuota scrive "Boltzmann, probabile ispiratore". Poi comincia a ragionare sul loro possibile movente, e sui progetti che intendevano realizzare...